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"L'atelier di Normanni. Un ambiente che gli diviene sempre più necessario con il passare del tempo, e che provoca, specchia e riflette le fantasie, le gioie e i dolori della sua ricerca incessante. Un luogo memorizzatore che diventa un supporto essenziale, una storia, un diario, un elenco visivo di semilavorati, un appiglio contro la vertigine del vuoto, un meccanismo generativo virtuoso. Questo modo imprioprio di analizzare un artista attira molto la mia curiosità di architetto, e le biografie potrebbero partire anche non solo dalla lettura delle opere, distaccate dalla vita, ma dall'immagine degli "arredi" che hanno condizionato e protetto le esistenze. E per fare due esempi opposti, citerei il mitico studio di Francis Bacon a Londra, informale accumulo esasperato dei suoi detriti di vita scelti con estrema cura e mai rimossi e poi le poetiche stanze di Giorgio Morandi a Bologna, dove i semplici mobili e le artefatte suppellettili sono la scena neo classica di una performance metafisica rimasta stabile per tutta una vita. E allora io trovo che anche per l'artista Franco Normanni valga partire dalla sua casa, dai suoi "Spazi Composti"." (Alessandro Mendini)